Carnia, terra di confine. E anche questa pagina a volte sconfina in altri luoghi, veri o metaforici

ironia, vita vera

La fiat Carolina e i cocodêcos di nonna Lina

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Preambolo 1. Che più che un preambolo è un suggerimento…
Se in famiglia avete delle parole “in codice”, usate solo tra voi, ditelo ai bambini. Chè poi arrivano a 17, 20, o… 35 anni come me pensando che non siano termini a uso strettamente familiare, ma universalmente noti e usati. E, ok, io sarò particolarmente… tarda, ma non sarò unica al mondo, no?
No?

Preambolo 2 . Le automobili non suscitano in me il benché minimo interesse, tanto che non ne conosco nemmeno marche o modelli. Per me sono semplicemente un necessario mezzo di trasporto. E odio anche guidare.

Quando ero piccola, mia mamma aveva una seicento familiare color vinaccia, che chiamava “la mia Carolina”. La macchina venne usata fino a quando iniziai le elementari, poi, troppo vecchia e ormai da rottamare, venne tristemente demolita.
Un pomeriggio di una decina di anni dopo, mentre ero in giro col mio allora ragazzo (e oggi marito, ma questo è ora irrilevante), vedo una macchina esattamente uguale a quella dei ricordi della mia infanzia e, piena di entusiasmo, esclamo: “Luca, guarda! Una Fiat Carolina! Mia mamma ce l’aveva uguale!”
Dopo 25 anni, lui mi prende ancora in giro.


Da piccola, trascorrevo molto tempo con mia nonna e mio zio scapolo, perché i miei genitori lavoravano entrambi.
Di mia nonna ho già parlato in questo post. Ma ho dimenticato di dire che aveva anche molta fantasia e manualità: creava presepi con le foglie di pannocchie, mi cuciva bellissimi vestiti per le bambole e aveva un pollice verde che le permetteva di coltivare e rendere rigogliosa qualunque pianta.
Con lei facevo lunghe passeggiate nei boschi e nei prati, durante le quali raccoglievamo erbe commestibili da usare in cucina, fiori, noci e anche pigne per accendere il fuoco, i cocodêcos.
Pagli anni, io cresco, mia nonna non c’è più se non nel mio cuore e nei miei ricordi. Ma in me alberga anche l’anima di un elfo di Babbo Natale, e già in estate inizio a pensare alle decorazioni natalizie. Al mare raccolgo pigne con la convinzione che mi torneranno utili nei mesi a venire. E infatti, mi viene l’idea di fare un albero di Natale tutto di pigne, rivestendone completamente un cono in polistirolo sostenuto da una base in legno.
Ne parlo (in friulano) con un’amica, mostrandole su una rivista di arredamento un fac simile di quello che ho in mente. Lei mi dice “cemût atu clamât lis pignis?”
Faccio ricerche, interpellando anche un mio amico esperto di friulano, e alla fine scopro che cocodêcos è una parola usata solo da una decina di persone al mondo. La mia famiglia. E probabilmente questa parola l’ha inventata, chissà quando e come mai, mia nonna!

Pino rosso e oro
Pino versione bianca e verde

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