Carnia, terra di confine. E anche questa pagina a volte sconfina in altri luoghi, veri o metaforici

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Michele Gortani. Affinchè i giovani imparino e i vecchi ricordino

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Mala tempora currunt, sed peiora parantur

Si dice, ed è certamente vero, che quando iniziamo a fare paragoni tra il passato e il presente, rimpiangendo il primo, siamo ormai vecchi. E io, che ho quasi raggiunto la mezza età, non so se sono, ma certo spesso mi sento, vecchia.
Sia come sia, è innegabile però che stiamo vivendo un presente perlomeno preoccupante.
Guerre, aumento esorbitante dei prezzi, cambiamenti climatici che molti si ostinano contro ogni evidenza a negare, siccità, pandemie… Forse dovremmo interpellare anche gli entomologi sulle invasioni delle cavallette e gli studiosi dell’occulto su eventuali avvistamenti di quattro misteriosi uomini a cavallo che si aggirano minacciosi sulla Terra…
Ma vorrei raccontarvi però di un politico scomparso poco meno di 60 anni fa, un carnico troppo poco conosciuto: una figura davanti alla quale purtroppo nessuno dei politici degli ultimi decenni può dirsi all’altezza.


Questo uomo è Michele Gortani, a cui è dedicato, per ovvi motivi, poiché lo ha voluto, pensato e creato lui, il Museo Carnico delle Arti Popolari di Tolmezzo. Un museo che è ritenuto, per la ricchezza delle sue collezioni, uno dei maggiori e più bei musei etnografici di tutta la Regione, se non dell’intero arco alpino.
E se non ci siete mai stati, dovete assolutamente rimediare!
In occasione dei sessant’anni dall’inaugurazione del Museo, tra l’altro, è stata dedicata una sala al suo fondatore, corredata di video, foto e documenti che raccontano la sua vita lunga e ricca di avvenimenti, studi, scritti e imprese.
Nacque nel 1883 a Lugo, in Spagna, dove suo padre Luigi, ingegnere, lavorava.
Aveva un fratello e una sorella, ma entrambi morirono prima di diventare adulti.
Qualche anno dopo la sua nascita, la famiglia Gortani fece rientro nella natia Cedarchis, dove Michele, accompagnato dal padre, faceva lunghe escursioni sui monti della Carnia, alimentando l’innata vocazione per l’attenta osservazione e interpretazione della natura, doti che egli dimostrò nel corso di tutta la sua vita. Lui e suo padre realizzarono un accuratissimo e vasto erbario, che raccoglie oltre 15.000 piante e che tuttora è esposto al museo di Storia Naturale di Udine. Era inoltre consuetudine, tra lui e il padre, di scriversi lettere in latino, in modo da essere fluenti anche in questa lingua.
Il suo primo lavoro, Nuovi fossili raibliani della Carnia risale al 1902 ed è solo il primo di una serie di oltre 325 pubblicazioni, che abbracciano le più svariate discipline: dalla geologia, alla speleologia, alla botanica, alla storia, l’etnografia, e che comprendono anche interventi parlamentari, cronache di rilevanti e drammatici momenti della Carnia dei suoi tempi.
Nel 1904 Michele si laurea in Scienze Naturali, e subito dopo era già assistente alla cattedra di geologia all’Università di Perugia. Successivamente insegnò a Pisa, Cagliari, Torino e poi a Bologna, dove rimase fino alla fine della sua carriera di docente universitario, anche se molte lettere conservate nel suo archivio dimostrano come abbia continuato ad occuparsi fino alla morte, tra le varie altre cose, anche di geologia.
Nel 1911, rimasto senza fratelli e genitori, sposò Maria Gentile Mencucci di Zuglio, che gli sarà fedele e amata compagna fino alla morte.
Cresciuto in un ambiente privilegiato, eppure mai dimentico di chi era meno socialmente fortunato, Gortani per tutta la sua vita, nonostante la carriera di scienziato e professore universitario, si dedicò alla Carnia e all’impegno sociale, politico e culturale, convinto sostenitore della visione risorgimentale che il ruolo dell’intellettuale fosse quello di tutelare, difendere e proteggere la sua gente.
Nel 1913 fu eletto deputato del Regno per il collegio di Tolmezzo-Gemona nella XXIV legislatura e vi rimase in carica fino al 1919.
Durante la Prima Guerra Mondiale, divenne ufficiale volontario al fronte sul Pal Grande, il Freikofel, il Pramollo, dove migliaia di giovani italiani e austroungarici morirono tracciando col sangue i confini decisi da uomini seduti al caldo sulle loro poltrone…  come in ogni guerra dall’inizio dei tempi, del resto.
All’inizio del 1916, il ministro della Guerra incaricò Gortani di riferire al Governo sulle condizioni dell’esercito al fronte, ed egli presentò un rapporto aderente alla realtà e non adattato alle esigenze dello Stato maggiore cadorniano. Gortani sottopose al Comando supremo delle forze armate una serie di raccomandazioni che, se fossero state seguite, probabilmente avrebbero potuto evitare la tragedia occorsa a Caporetto. Tuttavia, il suo report gli valse l’incarcerazione per tre mesi nella fortezza di Osoppo.
Come sappiamo, alla disfatta di Caporetto seguì l’invasione della Carnia e la conseguente fuga dei carnici verso la pianura veneta attraverso Verzegnis, il canale di San Francesco, la valle dell’Arzino. Aiutato dall’amata Maria Gentile, Gortani si dedicò anima e corpo all’assistenza dei circa ventimila profughi carnici sparsi in tutta Italia.
Senza dilungarmi troppo, mi limito a riportare che nell’anno dell’esilio trascorse 135 notti in treno, scrivendo a mano oltre 24.000 lettere per mantenere i contatti con i compaesani dispersi, presentò alla Camera cinquanta interpellanze sui problemi dei profughi e sui disservizi legati alla loro assistenza.
Nel marzo 1918, a Pisa istituì e diresse l’Ufficio dei profughi per il circondario di Tolmezzo, al fine di occuparsi dell’organizzazione, dell’assistenza e dei rientri di quei poveri sfollati.
Dopo il 1918, si dedicò a far ottenere i risarcimenti dei danni di guerra per le comunità della Carnia, aiutando anche di tasca propria famiglie che si trovavano in miseria a causa del conflitto, e mantenendo agli studi molti ragazzi e ragazze meritevoli ma indigenti.
Ma, come ho detto, Gortani era anche uno scienziato: forse i suoi colleghi accademici ed estimatori del grande geologo che fu storceranno il naso al mio ‘anche’, ma non credo sia giusto dire ‘soprattutto’, perché una persona di così grande valore e levatura morale e intellettuale sapeva far coesistere in sé, senza predominare, ogni interesse e capacità.
Divenuto ormai titolare della cattedra di Geologia, nel 1922 all’Università di Cagliari e poi a Pavia, il suo principale interesse era rivolto alle ricerche geologiche, e fondamentali furono le sue scoperte sul Paleozoico carnico.
Gortani stesso, che era anche un uomo di spirito, raccontò che un giorno, mentre si trovava in alta montagna in cerca di fossili col suo inseparabile martello, venne avvicinato da un pastore che, scambiando la bisaccia da geologo per una da tabacco, gli chiese se ne avesse un po’ da dargli. Chiarito, ma non troppo, l’equivoco, il pastore lasciò il professore ai suoi martellamenti rupestri e scese verso i pascoli, dove riferì a un’altra persona che più su c’era “un biȃt omp mat, ch’al dà marcjeladis ai clas”. Quando venne a saperlo, Gortani, lungi dall’offendersi, trovò l’episodio così divertente da riportarlo sui suoi diari.
E si occupò, pioniere anche in questo, degli aspetti ecologici e sociali della geologia che riguardavano la protezione del territorio, studiando come far legare e coesistere in modo equilibrato uomo e natura. E parliamo di un secolo fa!
Nel decennio precedente il Secondo Conflitto mondiale, dal 1936 al 1938, partì con altri colleghi scienziati per due spedizioni geologiche in Africa orientale, esplorando per conto dell’AGIP le sterminate zone dell’Hararino e della Dancalia meridionale. Chi aveva commissionato e finanziato le spedizioni avrebbe voluto soprattutto che gli scienziati facessero da spie monitorando i movimenti stranieri nell’area, più che cercare, come da contratto, la presenza di petrolio. Ma Gortani e gli altri tergiversarono sempre, rifiutandosi di fatto di fare da spia e dedicandosi invece alla ricerca scientifica, che portò alla produzione di varie mappe geografiche, articoli e la raccolta di numerosi dati inediti su quelle aree ancora pressocchè inesplorate e sconosciute.

Gortani in Africa, foto archivio Museo Carnico

Nel 1937 pubblicò assieme a Giacomo Pittoni il vasto saggio Lo spopolamento montano nella montagna friulana, in cui indagava la storia, le cause e i possibili rimedi allo spopolamento della nostra zona. Successivamente, come già aveva fatto durante la Grande Guerra, anche durante la seconda Guerra Mondiale si mise al servizio della sua gente e della sua terra.
Nel 1944-1945, durante l’occupazione cosacca della Carnia, divenne presidente del comitato di assistenza, impegnato in una, anche rischiosa per la sua incolumità, opera di mediazione per evitare le rappresaglie sulla popolazione carnica e soprattutto per scongiurare il piano nazista di cedere la Carnia ai cosacchi, che avevano lasciato le loto terre con carri, bestie e famiglie al seguito, lusingati dalla promessa che qui avrebbero potuto stabilirsi creando una nuova patria, die Kosakenland in Norditalien.
A guerra finita, scrisse le sue osservazioni su questi tragici eventi nella dettagliata e interessante relazione Il martirio della Carnia, dal 14 marzo 1944 al 6 maggio 1945.
Nel 1946-1948 partecipò all’Assemblea costituente e, grazie alla sua iniziativa, furono inseriti negli articoli 44 e 45 della Costituzione i due commi che prevedono provvidenze a favore della montagna e dell’artigianato.
Nel secondo dopoguerra, iscrittosi alla Democrazia Cristiana, Gortani si dedicò massimamente alla sfera sociale e pubblica, continuando a sostenere i più bisognosi, dedicandosi all’insegnamento universitario e agli studi della storia e delle tradizioni della Carnia.
Nel 1947, per dare continuità alla già esistente Associazione Pro Carnia, si approvò lo Statuto del Consorzio Comunità Carnica, ‘libera associazione di liberi Comuni’, e Gortani ne venne eletto Presidente, carica che ricoprì fino alla morte.
La Comunità riuniva 24 Comuni della Carnia più il Consorzio dei Boschi Carnici, e Gortani credeva fortemente nella validità di queste Istituzioni per fare unione fronteggiando, pur nelle varie diversità, insieme le difficoltà e trovando soluzioni ai molteplici problemi seri che affliggevano le zone di montagna.  Unirsi sotto un’unica associazione, dava l’opportunità di far maggiormente sentire la propria voce offrendo al contempo soluzioni centralizzate a comuni sparsi nelle diverse vallate.
Dal 1948 al 1953 rappresentò in Senato il collegio di Tolmezzo, e si spese a favore di alcune problematiche particolari come la trasformazione fondiaria, la difesa del suolo in montagna, le prospettive future degli abitanti delle Alpi. Fu tra i più ferventi sostenitori e promotori delle leggi 991 del 1952 per la montagna e 959 del 1953 sul sovracanone degli enti elettrici verso i comuni dei territori sui quali operano.
Dopo la catastrofe del Vajont, nel 1963, il pubblico ministero bellunese Arcangelo Mandarino incaricò l’ormai ottuagenario Gortani della prima perizia di accertamento sulla frana del Vajont, affiancandolo ad altri scienziati, tra i quali Ardito Desio.
Nel discorso sulla Carnia e i suoi bisogni, pronunciato al congresso della Società filologica friulana ad Ampezzo il giorno 11 settembre 1960, Gortani afferma “la nostra economia montana si deve trasformare”. Ma come, secondo lui?
Tramite l’artigianato, la chiave di volta per poter sopravvivere in zone di montagna come la Carnia: le antiche tradizioni e le nuove tecnologie devono interagire, procedere insieme, evolvendosi in qualcosa di nuovo che però non snaturi la tradizione e gli antichi saperi tramandati per generazioni.
E proprio alle Arti e Tradizioni Popolari è dedicato il Museo Carnico, alla cui nascita si dedicò, insieme alla moglie, fin dal 1920. Visionario e geniale, pensò già allora di iniziare a raccogliere, affinchè “i giovani imparino e i vecchi ricordino”, le testimonianze di una Carnia che ancora era attuale, ma che lui già immaginava destinata a soccombere a cambiamenti, che, forse lui solo, vedeva avvicinarsi all’orizzonte.
Forse di nuovo considerato matto come da quel pastore in cerca di tabacco, Gortani percorse in lungo e largo i villaggi della Carnia, chiedendo alle famiglie mobili, attrezzi, suppellettili, maschere di carnevale, secchi per la mungitura, portacoti, geis, rastrelli, fusi, rocche e perfino corredi e abiti, che a volte gli venivano ceduti gratuitamente, più spesso pagati con i suoi soldi.
Per creare il Museo, e decidere quali ambienti ricreare e cosa esporre, Gortani svolse approfondite ricerche storiche ed etnologiche sia nel territorio della Carnia, che del Friuli, compiendo anche viaggi all’estero per confrontarsi con altre realtà e trarre ispirazione per quello che doveva essere il suo lascito più importante ai posteri e alla sua terra.
Il Museo venne inaugurato nella sede attuale il 22 settembre 1963, tre anni prima della morte, il 24 gennaio 1966, di questo gigante, che definire uomo mi pare troppo riduttivo.

Perché i giovani imparino e i vecchi ricordino.

Grazie, Professore, se oggi fossimo amministrati da persone con la metà del Vostro valore, potremmo dirci davvero fortunati…

E… speriamo che i giovani vogliano imparare, perché i vecchi, purtroppo, sembrano non ricordare più…

Se volete approfondire 

https://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/gortani-michele/

Tolmezzo, Museo Carnico delle arti popolari Michele Gortani, Archivio Gortani.

  1. DORIGO, Michele Gortani, Pordenone, Studio Tesi, 1993;
  2. BARON, Michele Gortani e il fascismo carnico, Tolmezzo, Fondazione Museo carnico delle arti popolari Michele Gortani, 2003;
  3. P. PERATONER, Michele Gortani e l’attività assistenziale a favore dei profughi carnici 1917-1919, Tolmezzo, Museo carnico delle arti popolari Michele Gortani, 2004
  4. A. TALOTTI, B. RAINIS,  Michele Gortani – la sua vita attraverso le fotografie e i documenti, Tolmezzo, Fondazione Museo carnico delle arti popolari ‘Michele Gortani’, 2007.

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