Carnia, terra di confine. E anche questa pagina a volte sconfina in altri luoghi, veri o metaforici

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Il Mulin dal Flec (o dal Ross)

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Ci sono dei luoghi così intrisi di profumi, luci e suoni familiari, che hanno il potere di catapultarci in pochi secondi in un passato fino a quel momento dimenticato: il mulino di Firmino, a Illegio, è uno di questi luoghi incantati.
Un tiepido sabato pomeriggio di inizio primavera, Giuseppe ed io abbiamo fatto visita a Firmino, amico da tutta la vita di mio padre, e lui, gentile e disponibile come lo ricordavo, ci ha aperto con entusiasmo il vecchio portoncino in legno del suo mulino seicentesco, raccontandoci con la luce negli occhi la storia del mulino, che si intreccia con quella della sua famiglia, dello stesso Illegio e ripercorre vicende economiche e politiche che coprono ben quattro secoli. Nella manciata di metri quadri del mulino, illuminato dalla fioca luce che filtra da una finestrella quadrata e impregnato del profumo del mais macinato a pietra, accompagnati dal gorgoglio musicale del torrente Touf e dalla voce bassa e cantilenante di Firmino, Giuseppe ed io ci siamo sentiti trasportare in un luogo senza tempo, dove la tradizione non ha lasciato alcuno spazio alla tecnologia, e il mugnaio avrebbe potuto essere, anziché Firmino, un suo antenato e forse quasi nulla, nelle spiegazioni che ci ha fornito, sarebbe cambiato.

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L’esterno del mulino, con le pannocchie intrecciate ad essiccare al piano superiore e la vecchia ruota in legno, ora sostituita con una nuova, esposta assieme a due macine in pietra.

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Quanti giri ha fatto questa ruota, quanta acqua ha visto passare, quanta farina ha fatto macinare? e quanti avvenimenti sono occorsi mentre lei, instancabile, continuava a girare e girare? anche una ruota di mulino, in fondo, può essere letta come una metafora di vita: tutto scorre, tutto passa e alla fine si ripete.

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la risorgiva sotterranea del rio Touf, che alimenta il mulino

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la nuova ruota al lavoro

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Il torrente Touf, la cui risorgiva è appena pochi metri sopra il Mulin dal Flec (o “dal Ross”), muove la ruota in legno che fa girare la macina del mulino. Firmino, tramite un’asta collegata a un’asse in legno che fa da piccola diga alla vasca dove sgorga la risorgiva, blocca o sblocca l’afflusso dell’acqua alla ruota, azionando o meno così la ruota.
Una piccola curiosità: la tradizione illegiana vuole che l’acqua del Touf cuocia tutto tranne che i fagioli!

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tutto parla di un tempo passato, eppure ancora vivo…

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Pannocchie di mais. La materia prima

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Con questa leva, Firmino sposta l’asse posta all’esterno del mulino che permette di aprire o chiudere l’afflusso dell’acqua alla ruota

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Firmino svuota un sacco di granoturco pronto a essere trasformato in profumata farina

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I chicchi di mais cadono nella macina. Firmino ci assicura che l’ulivo e le immagini sacre garantiscono un’ottima farina. A casa nostra la consumiamo da sempre, e non so se il motivo è davvero questo, ma comunque la polenta è deliziosa!

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i chicchi essiccati del granoturco (o di altri cereali) vengono fatti cadere nella macina a pietra, che consente una macinatura a freddo, impedendo che dai chicchi esca l’olio che li farebbe irrancidire. la farina, ancora grezza, cioè con la crusca, esce poi dal foro sottostante e verrà setacciata da Firmino stesso con il tamees, il setaccio in legno e rete di ferro che si vede sulla sinistra.

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Le mani di un uomo buono come la farina che macina. Firmino è in pensione da anni, ma continua ad aprire il mulino a quanti vogliono non solo portargli i cereali da macinare, ma anche solo visitarlo, con una gentilezza e una disponibilità davvero rare.

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Altro che industrializzazione… Firmino controlla la farina con le sue mani e la assaggia per assicurarsi che il sapore sia perfetto. poi fa il segno della croce alla farina e infine la setaccia. la tradizione vuole che questo sia il primo segno della croce: il secondo lo farà chi cuocerà la polenta, quando butterà la farina nella cjalderie con l’acqua bollente.

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La farina viene setacciata per separarla dalla crusca

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la farina è pronta per essere insaccata e consegnata al proprietario.

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Questa era la misura della ricompensa del mugnaio. Il mugnaio aveva diritto a tenere per sé 1/20 della farina macinata. La misura veniva fissata per legge ed era uguale per tutti.

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varie misure

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Copie di attestati di merito conferiti al nonno di Firmino da Benito Mussolini durante il Ventennio

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il luogo della memoria…

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titoli prestigiosi!

Info: Sig. Firmino Scarsini, tel. 0433.41004; www.carniamusei.org

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